TIB meets FIT 3.0 — Spazio al potenziale: una costellazione temporanea
di Katja Vaghi
Vorrei fare alcune personalissime riflessioni sul teatro e in generale sulle arti performative e i loro
luoghi e spazi. Per fare questo mi appoggio ad un lume del teatro, Peter Brook, scomparso l’anno
scorso. Ho preferito Brook a Gordon Craig o Oskar Schlemmer per la sua relativa vicinanza storica.
Nel 1968 infatti pubblica The Empty Space, libro in cui il leggendario sceneggiatore e registra riflette
su quattro tipi differenti di definire e fare teatro. Molti conosceranno l’esordio del libro in cui Brook
definisce il teatro:
[...] take any empty space and call it a bare stage. A man walks across this empty space whilst
someone else is watching him, and this is all that is needed for an act of theater to be engaged. Yet
when we talk about theatre this is not quite what we meant. Red curtains, spotlights, blank verse, laughter, darkness, these are all confusedly superimposed in a messy image covered by one all-
purpose word. (7)
[...] prendi qualsiasi spazio vuoto e lo chiameremo un palcoscenico spoglio. Un uomo attraversa
questo spazio vuoto mentre qualcun lo guarda, e questo è tutto ciò che serve perché si possa
intraprendere un atto teatrale. Eppure quando parliamo di teatro non è proprio questo ciò che
intendiamo. Tende rosse, riflettori, versi sciolti, risate, oscurità, tutto questo si sovrappone
confusamente in un'immagine disordinata coperta da un'unica parola multiuso. (7)
Nel libro Brook alla ricerca di un rinnovamento del teatro è al inseguimento di quello che chiama il
“living theatre” o teatro vivo in contrapposizione al “deadly theatre” o teatro morto. La sua
definizione di teatro è quella di un fenomeno sociale che unisce le persone — chi lavora a teatro
ma anche chi guarda — creando quello che chiama “the mystery of theatre” — “vivid relationship
between people” il mistero del teatro o la vivida relazione tra persone. Naturalmente le parole di
Brook vanno lette nel contesto storico, il 1968, di contestazione in cui sono state scritte. Dico al
inseguimento perché come anche notato da Brook notoriamente le parole possono solo
descrivere e indicare un modo di essere e relazionarsi ma non posso fissare, bloccare o peggio
ancora prescrivere pratiche per qualcosa che è vivo ed è solo possibile capire attraverso
l’esperienza di esservi passati/e. Come studiare quindi qualcosa che non lascia tracce materiali ma è
fluido, e sfuggente,— come dice Brook “written in the wind” (15), scritto nel vento, specialmente se
ne si vuole fare un’analisi storica, in chiave poetica come proposto da Ticino is Burning (TiB). Dove
cercare le tracce di cosa è stato?
Nella sua avventura in evoluzione, Ticino is Burning per il FIT festival 2023 si vuole soffermare sugli
spazi del fare teatro, i luoghi, chiamiamoli anche, contenitori in cui questo mistero si realizza, e che
hanno accolto il fenomeno sociale teatro e arti performative in tutte le sue forme nella Lugano
degli anni 70-80-90. Questa ricerca in equilibrio tra la memoria individuale e la fattualità storica
vuole andare a ricercare il vuoto come descrivono nel loro sito, in questo caso delle fonti e non si
propongono una risoluzione a questa assenza ma attraverso le domande ricercare in questa
“inevitabile indefinizione” un’ancora nel passato che lo lega al presente. Come individui siamo
sempre immersi in un contesto storico che ci permette o meno nella realizzazione di ciò che
vogliamo fare, che influenza o meno il nostro modo di agire, basti pensare alla pandemia. Vi è anche
un momento in cui le nostre memorie come individuo diventano documento storico, testimonianza
di come si viveva in un certa epoca. La storia non è fatta soltanto di grandi eventi politici o grandi battaglie, ma si declina anche nei piccoli gesti della quotidianità e negli oggetti che ci circondano e
guidano le nostre azioni, oggetti la cui funzione, il cui corretto uso e magari anche il nome sarà
misterioso in un futuro prossimo. Questi oggetti smessi, diventati presto obsoleti, rimpiazzati dalla
nuova tecnologia (qui pensata in senso lato) sono anche la chiave di un sapere corporeo che
sfugge alla descrizione della parola scritta: come si può spiegare a parole il momento in cui la panna
diventa burro? Fisicamente il riscontro è ovvio e mia nonna e mia madre sanno esattamente di
cosa parlo, mentre mio nipote, non credo farà questa esperienza e neanche saprà il nome del
oggetto che veniva usato (zangola). Tutto questo per spiegare che la storia può essere anche fatta
dalla quotidianità e da azioni che magari sembrano banali. Ad esempio la danzatrice americana Ruth
St Denis e insegnante di Martha Graham prese ispirazione per la sua personale rivoluzione come
danzatrice da un’immagine di una piramide che veniva usata per una pubblicità di sigarette. Oggi
questo sarebbe impensabile. Ricalcando famoso assioma della comunicazione: Non possiamo non
essere e non fare storia. TiB si vuole soffermare sulla quotidianità del fare teatro nella sua
materialità: dove vi erano spazi in cui si faceva cultura, dove si era possibilità di fare prove? Dove gli
spettacoli? Si pensa agli spazi, alla rigidità della struttura architettonica che contiene idee, ma anche
alla fluidità delle relazioni tra chi il teatro lo fa e chi lo apprezza.
Mi sposto quindi su alcune riflessioni sullo spazio in inglese space (e sul luogo o place).
Si può distinguere tra spazio come lo concepiamo in geometria, uno spazio vuoto ed infinito che
ricordiamo dalle lezioni di geometria, oppure come quello che viene concepito in architettura in cui
lo spazio è catturato, creato, modellato. Questo è lo spazio contenitore, con quattro mura e un
soffitto. Ma anche il vuoto contenuto in questo contenitore lo definiamo spazio. Questa è anche la
definizione giapponese, del Ma, del vuoto che permette al contenitore di svolgere la sua funzione
che si tratti di una tazzina di tè o dello spazio libero in una stanza. Questo è anche lo spazio che
serve per creare, il vuoto permette di entrare nello spazio della creazione, ovvero quello state of
mind, stato mentale, in cui la creazione è libera di nascere ed evolvere. Quindi lo spazio in questo
senso acquista anche una dimensione temporale. Brook riflette su come il vero processo di
creazione non può essere aggirato o semplificato (12) aggiungendo che “il buon senso ci dice che
se un sistema non ci permette più di tre settimane di prove per la maggior parte del tempo, il
risultato ne soffrirà. Nessun esperimento potrà essere fatto e nessun rischio artistico può essere
preso” (18). Sì, perché vi è bisogno dello spazio per creare, sperimentare e costruire, ma anche di
fallire perché sperimentazione significa spesso anche dover constatare che bisogna ricominciare da
capo. C’è anche lo spazio tra i collaboratori, la giusta distanza a cui ci si deve tenere per poter
interagire al meglio. Sempre Brook “il teatro vivo presuppone che ogni giorno le prove mettano
sotto esame ciò fatto il giorno prima consci che probabilmente il vero piano (plan) ci è sfuggito
nuovamente”. (14). I luoghi della creazione hanno quindi una spazialità ma anche una temporalità.
Lo spazio del teatro diventa anche uno spazio virtuale, lo spazio di proiezione per lo spettatore, a
cui Yvonne Rainer aveva detto no, nel suo “No Manifesto” del 1964, e spazio che vi invito appunto
a pensare in quattro dimensioni.
Per ampliare ulteriormente il nostro ‘spazio’ di riflessione, vi invito anche a domandarvi quando
comincia una prova? Si può parlare di prova anche per lo schizo che avviene al bar con un caffè, o
ci si limita a parlare di prova nel momento cui ci si è mossi fisicamente. Dove e quando ha origine
un’opera di teatro o danza?
Vorrei introdurre ancora una distinzione e cioè quella tra space and place, tra spazi e luoghi: il
geografo Yi-Fu Tuan definisce la differenza come “Lo spazio è astratto. Manca di contenuto; è ampio,
aperto e vuoto, e invita l'immaginazione a riempirlo di sostanza e illusione; è potenziale e fa un
cenno al futuro. Il luogo, al contrario, è passato e presente, stabilità e realizzazione” (1975, 165). Un
luogo è carico di emozioni e ricordi. Di un luogo ti ricordi il profumo/l’odore o come la luce cade
ad una determinata ora nella stanza durante una determinata stagione, ne conosci anche la ruvidità
del pavimento e altri piccoli dettagli. Michel Foucault direbbe che non viviamo in degli spazi
omogenei e vuoti, ma con delle qualità, dei dettagli e delle mancanze. Per Gaston Bachelard nella
Poetica dello spazio (1958), il luogo par excellence è la casa della nostra infanzia in cui ci siamo persi,
abbiamo fantasticato e che portiamo impressa come un’impronta digitale nella nostra carne. I
luoghi in cui la cultura viene fatta influenzano quindi inevitabilmente cosa viene creato.
Il teatro e i suoi luoghi e spazi, sono delle foucauldiane eterotopie: Foucault definisce le utopie
come spazi che non esistono se non nella nostra immaginazione, al contrario delle eterotopie.
Questi sono spazi che esistono e in cui la realtà è sospesa e sovvertita per la durata in cui ci si
trova in questo luogo e che proprio per questo motivo svolgono una precisa funzione al interno
della società: sono dei luoghi di transito, dei punti franchi. Il teatro e i festival sono luoghi eterotopici
in cui la realtà come la conosciamo per un determinato periodo smette di essere, e diventa altro
permettendoci di riflettere su di esso. E direi che ci troviamo in un luogo eterotopico in questo
momento qui nella torre Enderlin in quella che era nel ottocento la residenza di caccia della
famiglia Enderlin con il TiB e la loro ricerca. Qui si incontrano più storie, e come geologi si cerca la
stratificazione del tempo nei luoghi della cultura di Lugano.
Manifesto:
i
A
(TIB) è un processo in evoluzione.
A seguito dell’esperienza a PREMIO SCHWEIZ, alcuni artisti ticinesi, condividendo l’essersi
sentiti soli durante il concorso perché nessun partner istituzionale ticinese era presente a
sostenerli, hanno cominciato a dialogare tra di loro. Insieme hanno riscontrato un senso comune
di isolamento, ragionando su cosa volesse dire esistere come artisti su un territorio piccolo e
geograficamente separato dal resto del paese. Ecco perché la spinta primaria è stata quella di
conoscere, allargare i confini, le convinzioni e al contempo sfidare certe sicurezze.
Grazie al sostegno per la ricerca ricevuto da Pro Helvetia nel 2020, TIB inizia ad esistere.
Gli artisti di TIB si percepiscono come un movimento perché sono letteralmente in movimento,
viaggiando in tutta la Svizzera per incontrare direttori di teatri, artisti, persone legate alle
istituzioni e al mondo della cultura, iniziando con la cosa più semplice: bere un caffè e
conoscersi, in una lingua che non sia per forza la propria lingua madre e senza fini auto
promozionali.
Inizialmente, gli artisti di TIB descrivono il loro desiderio di agire in Svizzera con il titolo “one year
of fire”, una sorta di fiamma rivoluzionaria, che li ha spinti a toccare diversi temi: il
plurilinguismo; la mancanza di spazi; ruolo e funzionamento della politica culturale cantonale;
la professionalizzazione del settore; il rapporto con le istituzioni come artisti locali;
l’isolamento; la difficoltà geografica… insomma un grande caos di tante cose con il bisogno di
volerle attraversare tutte quante! Durante gli incontri fatti nel primo anno di viaggi e spostamenti,
ognuno di questi temi, a volte spesso a volte meno, è stato toccato, sfiorato, aperto, portato alla
luce, e conosciuto più a fondo. Col passare del tempo, gli artisti di TIB hanno però naturalmente
compreso che il loro denominatore comune fosse non tanto voler risolvere il problema ma
domandare e domandarsi su di esso: attraverso le domande, che hanno il potere di aprire e non
di chiudere, il problema si trasforma, già solo per il fatto che se ne inizia a parlare. Nessuno degli
artisti di TIB è antropologo, sociologo o paladino della giustizia; non c’è desiderio di fare analisi
istituzionali, di mercato e di territorio. TIB afferma piuttosto dei vuoti, ne riconosce il valore e
l’inevitabile non-risoluzione immediata; l’inevitabile indefinizione. Pertanto TIB è mosso dal
bisogno di creare ed invitare a creare continue micce, accensioni e stimoli attraverso domande
che agiscono e trasformano. Tramite il dialogo, lo scambio e l’andare oltre, TIB si muove per
forme creative plurime che sono l’effetto (e non l’obiettivo) di condivisioni, collaborazioni e
sensibilizzazioni accolte da parte di terzi durante il suo processo.
Contemporaneamente, gli stessi componenti di TIB, tentano di proseguire con il loro lavoro
principale: fare Arte, la cui essenza è inevitabilmente influenzata da questo processo in costante
cambiamento.
Ticino Is Burning (TIB) is an evolving process.
Following their experience at PREMIO SCHWEIZ, a number of Ticino artists, sharing the fact that they felt alone during the competition
because no institutional partner from Ticino was present to support them, decided to initiate a dialogue with each other. Together
they shared what they perceived as a common sense of isolation, reasoning about what it meant to exist as artists in a small territory,
geographically and linguistically separated from the rest of the country. That is why the primary urge was to learn, to expand boundaries,
beliefs and at the same time challenge certain certainties.
Thanks to the research support received from Pro Helvetia in 2020, TIB began to exist.
The artists of TIB perceive themselves as a movement because they are literally on the move, traveling all over Switzerland to meet
theatre directors, artists, people connected to institutions and the world of culture, starting with the simplest thing: having a
coffee and getting to know each other, in a language that is not necessarily their mother tongue and without any self-promotional aims.
At the beginning, the TIB artists described their desire to act in Switzerland with the title "one year of fire", a sort of revolutionary flame,
which prompted them to touch upon various themes: multilingualism; the lack of space; the role and functioning of cantonal cultural policy; the
professionalisation of the sector; the relationship with institutions as local artists; isolation; geographical difficulties... in short, a great
cosmos of many things with the desire of going through them all! During the meetings held in the first year while traveling, each of these themes,
sometimes more, sometimes less, were touched upon, discovered, brought to light, getting an overall better knowledge of the whole picture. As time
went by, however, the artists of TIB naturally realised that their common denominator was not so much wanting to solve the problem as questioning
and wondering about it: through questions, which have the power to open and not to close, the problem is transformed, just by the fact that one
starts talking about it. None of the artists in TIB are anthropologists, sociologists or champions of justice; there is no desire for institutional,
market or territorial analysis. Rather, TIB says “yes, there are voids”, recognising their value and the inevitable immediate non-resolution; the
inevitable indefiniteness. Therefore TIB is driven by the need to create and invite continuous fuses, ignitions and stimuli through questions that
act and transform.
Through dialogue, exchange and going beyond, TIB moves through multiple creative forms that are the effect (and not the goal) of sharing,
collaborations and awareness received from third parties during its process.
2023
2023
Autoformazione con Ilenia CaleoCima Città
I membri di TIB e di Idra si incontrano a Cima Città per due giornate di autoformazione con la ricercatrice e attivista Ilenia Caleo per parlare di “contro-cultura” grazie al sostegno dei fondi erogati dal DECS per la ristrutturazione secondo l’ordinanza covid-19.
TIB meets FIT 3.0Lugano
Per il terzo anno di collaborazione con il Fit, TIB ha trasformato la torretta del parco Tassino di Lugano in un luogo di residenza a porte aperte focalizzandosi sul tema “spazi per la cultura indipendente a Lugano tra gli anni 70 e 90” intervistando persone, raccogliendo ricordi e restituendo parte del lavoro sotto forma di collage sonoro.
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M2ACT Burning IssuesBern
TIB è stato invitato a Berna da M2act for burning issues: un incontro di rete sull’arco di tre giornate sui temi scottanti della cura, della sostenibilità sociale e della giustizia nelle arti della scena.
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TIB meets Keep Fit with RadioSpazio L’ove Lugano
Che cosa può accadere nella discussione con i giovani? Quali sono le loro incomprensioni e le loro criticità?
Che domande hanno da fare a noi? E noi a loro? Quali risposte possiamo darci? Quali
sono gli esercizi di immaginazione che possiamo condividere insieme? TIB e Keep Fit with Radio si incontrano per provare a rispondersi, tracciando percorsi sonori insieme a Carola Haupt di Radio Papesse. Questo incontro fa parte del progetto di autoformazione ideato da TIB e sostenuto dai fondi per la ristrutturazione secondo l’ordinanza covid-19 erogati dal DECS.
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Autoformazione con Piersandra di Matteo
C’è ancora un confine netto tra artista e istituzione nel panorama delle arti sceniche indipendenti? I membri di TIB affrontano tre giorni di formazione sul tema “Le nuove pratiche dell’artista” guidato dalla studiosa, dramaturg e curatrice nel campo delle arti performative Piersandra Di Matteo grazie al sostegno dei fondi erogati dal DECS per la ristrutturazione secondo l’ordinanza covid-19.
TIB meets Festa Danzante meets InQdrtLugano
Nell’ottica di creare sempre più collaborazioni co-creative sul territorio Ticinese, TIB incontra la Festa Danzante per l’edizione 2023. A fronte di un incontro avvenuto tra il movimento ticinese e un gruppo di giovani artist* Argoviesi, gli InQdrt, TIB desidera invitarli sul territorio italofono per una collaborazione all’interno della FD 23 a Lugano.
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Un caffè con TIB alla Tour VagabondeLugano
Il gruppo Ticino is Burning invita gli/le operatori/rici e gli/le artisti/e della scena indipendente ticinese che operano nell’ambito delle arti performative ad un pomeriggio di convivialità alla Tour Vagabonde al fine di dedicare un momento alla condivisione informale delle varie piattaforme e reti presenti sul territorio. Oltre a creare un momento per conoscersi meglio e farsi domande, attraverso la pratica preferita di TIB: bere caffè insieme!
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2022
2022
La Straordinaria Tour VagabondeLugano
La programmazione legata alle arti performative è stata curata da TIB a partire dalla necessità di creare una maggiore connessione del Ticino con il resto della Svizzera (e oltre). La programmazione proposta ha avuto un focus particolare sulla contaminazione tra i diversi linguaggi, l'interdisciplinarietà e il desiderio di superare le barriere di “genere”.
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TIB meets FIT 2.0Lugano
TIB meets FIT è un esercizio di coesistenza tra un gruppo di artiste/i e la direzione di un festival con lo scopo comune di immaginare e creare un luogo/tempo di raduno tra l’ordinario e l’inaspettato, per consolidare dei legami e incoraggiarne di nuovi. Quest’anno l’esercizio si traduce nella realizzazione di un evento festoso con il tentativo di ritrovarsi in un contesto extra ordinario, nel bisogno di riscoprire azioni umane reali capaci di portare brevi attimi di reincanto nella nostra città.
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Residenza artistica al GrütliGinevra
TIB ha avuto l’occasione di approfondire, sbrogliare e riannodare alcune tematiche del proprio operato, immersi negli spazi del Grutli, centro di produzione e diffusione delle arti sceniche di Ginevra. Un bellissimo tempo per farsi domande, domande domande… !!!
TIB meets THEATERTREFFENChur
Travestiti da palma e invitando a bere caffè al proprio stand, i membri di TIB hanno presenziato per l’intera edizione dei Theatertreffen a Coira tra provocazione e networking.
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2021
2021
TIB meets FITLugano
TIB e FIT co-organizzano un primo momento di scambio e condivisione volti a riflettere e trovare nuove forme e possibilità di dialogo co-creativo e orizzontale tra artist* ed istituzioni… il tutto durante un giro in barca sul lago di Lugano!
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Viaggi TIBtutta la Svizzera
Da gennaio 2021 TIB ha iniziato a viaggiare per tutta la Svizzera, entrando in contatto con moltissime realtà artistiche e istituzionali, indagando e analizzando le diverse forme potenziali e sostenibili per immaginare modi possibili di fare networking e progetti. TIB si impegna a mantenere una continuità di dialogo, scambio, e possibili collaborazioni future con la maggior parte delle realtà incontrate. L’idea è di continuare ad espandere questo network, per una Svizzera connessa al di là delle differenze linguistiche e delle diversità geografiche.